Profumeria nel Medioevo: tra misticismo, alchimia e tradizione

Il Medioevo era un’epoca dominata da forti contrasti tra fede e superstizione, il profumo assumeva ruoli molteplici: simbolo di purezza, strumento di protezione ma era anche visto come un qualcosa di superfluo, e guardato perfino con sospetto. Il profumo era molto più che un vezzo, ma un elemento intriso di significati profondi, oscillando tra il sacro e il profano. Scopri tutto quello che c’è da sapere in questo incredibile viaggio sulla profumeria nel Medioevo.
Leggi anche il nostro approfondimento su la storia dei profumi: dalle antiche tradizioni alle tendenze moderne nel mondo delle fragranze
Profumeria nel Medioevo: il profumo come simbolo di protezione
I profumi erano visti come strumenti di purificazione, utilizzati soprattutto nei rituali religiosi per elevare le preghiere “attraverso il fumo” – per fumum – verso il divino. Nelle cerimonie religiose, l’incenso era indispensabile e veniva diffuso nell’aria per purificare l’ambiente e permettere la connessione con il sacro.
Si credeva anche che le fragranze potessero proteggere l’anima e il corpo dalle influenze maligne, come dal contagio delle malattie, in particolare durante le ondate di peste, quando si credeva che i miasmi fossero portatori di male. Era infatti usanza avere sempre con sé – ovviamente stiamo parlando delle classi più agiate – sacchetti profumati. Oltre alla protezione contro le influenze maligne, si credeva che alcuni profumi avessero anche poteri curativi. Per esempio, il profumo di rose era considerato benefico per il cuore, mentre il profumo di lavanda era visto come calmante per lo spirito. Ancora oggi la lavanda è tra le profumazioni più consigliate per chi cerca un profumo rilassante e piacevole.
Profumeria nel Medioevo: dall’aristocrazia al popolo
Nonostante la Chiesa medievale guardasse con sospetto tutto ciò che poteva favorire la vanità o il piacere personale, l’uso dei profumi non scomparve in questo periodo, anzi. È soprattutto nei monasteri, che i monaci coltivavano erbe aromatiche e distillavano essenze sia per scopi liturgici che terapeutici.
Questa sua ambivalenza rende la storia della profumeria nel Medioevo molto affascinante. Inoltre non dimentichiamo che la profumeria nel Medioevo era segnata anche dalle distinzioni sociali, riflettendo il divario tra nobiltà, clero, borghesia e il popolo.
I profumi erano visti come veri e propri status symbol, i nobili avevano l’abitudine di profumarsi con essenze rare provenienti da terre lontane. Grazie agli scambi commerciali con l’Oriente però, anche la borghesia cominciò a conoscere il profumo e a farne uso, non quanto l’aristocrazia, ovviamente. Per il popolo, l’uso dei profumi era legato perlopiù alla necessità; ricorrevano a erbe locali, come rosmarino e alloro, spesso raccolte nei campi o nei giardini. In casa si bruciavano piante aromatiche nei camini o si cospargeva il pavimento con erbe profumate, ma i motivi erano legati all’igiene o per superstizione.
La Chiesa e la conservazione della conoscenza profumiera nel Medioevo
In Europa, i monasteri non furono solo centri spirituali, ma custodi della cultura e della scienza, dove anche la profumeria trovò un terreno fertile.
I monaci amanuensi svolgevano un ruolo cruciale nella trascrizione e conservazione di testi antichi, molti dei quali provenienti dall’antichità classica e dal mondo arabo. Grazie a loro, abbiamo accesso a numerose fonti e informazioni su piante aromatiche e tecniche di estrazione delle essenze. Le biblioteche monastiche custodivano manoscritti rari e preziosi, spesso unici testimoni di conoscenze erboristiche e farmaceutiche.
I monasteri erano circondati da orti e giardini in cui venivano coltivate numerose piante aromatiche, utilizzate sia per preparare rimedi medicinali sia per scopi liturgici, come la produzione di incensi e oli sacri. La maggior parte delle erbe erano coltivate sia per le loro proprietà curative che simboliche. Inoltre questi ampi e curati giardini, non solo fornivano ingredienti per la medicina e la liturgia, ma rappresentavano anche spazi di contemplazione e preghiera.
Per esempio, durante la peste del 1347, i monaci produssero i pomander, piccole sfere metalliche contenenti miscele aromatiche utilizzate come protezione contro il contagio. Si credeva che questi oggetti, indossati o portati con sé, potessero proteggere dalle malattie che si diffondevano attraverso l’aria malsana.
Questi sono tutti esempi di come la profumeria nel Medioevo si intrecciava strettamente con la religione, la spiritualità, ma anche la medicina.
Il profumo nell’Islam e la sua influenza sull’Europa
La profumeria nel Medioevo europeo non può essere compresa appieno senza riconoscere il debito profondo che essa ha nei confronti della civiltà islamica. Nel mondo islamico, il profumo non era solo un piacere sensoriale, ma, oltre a essere un elemento radicato nella religione, lo era anche nella scienza e nella vita quotidiana, e influenzò tantissimo anche tutta la profumeria in Europa. Qui troviamo un uso quotidiano delle fragranze, sia nei riti di purificazione, ma anche nella cura del corpo, nei momenti di preghiera e persino nei mercati.
Ma accanto al culto, c’era la scienza. Gli Arabi furono pionieri nell’applicazione dell’alchimia alla profumeria, sviluppando tecniche avanzate di distillazione che permisero di estrarre la quintessenza delle piante, ossia oli essenziali purissimi. Questo fu possibile perché intorno al X secolo gli Arabi inventarono l’alambicco, uno strumento che sostituì i corpi grassi, come base per i profumi, con l’alcol, aprendo così la strada alla profumeria alcolica moderna. Fu proprio grazie a questi progressi tecnici che divenne possibile estrarre con maggiore purezza le essenze da fiori, cortecce e resine. Una delle grandi innovazioni fu l’acqua di rosa, ancora oggi amatissima per i suoi mille usi e il profumo leggero ma riconoscibile.
Le rotte commerciali tra il mondo islamico e l’Europa, in particolare attraverso la Sicilia e la Spagna andalusa, fecero circolare non solo merci, ma saperi, formule, manuali e strumenti. Grazie al monopolio commerciale degli Arabi su spezie e aromi, l’Europa venne a contatto con ingredienti esotici mai visti prima, e divennero subito simboli di lusso e potere nelle corti europee.
L’alchimia e la nascita della profumeria alcolica nel Medioevo
La profumeria nel Medioevo ebbe una svolta decisiva grazie all’alchimia e alla scoperta della distillazione dell’alcool, un processo che rivoluzionò la composizione e la conservazione delle fragranze.
Presso la scuola medica di Salerno, tra XI e XII secolo, si perfezionò anche la tecnica della distillazione dell’aqua vitae, un alcol ottenuto dalla fermentazione e distillazione del vino. Questa innovazione permise di creare fragranze più leggere, durature e più semplici da portare con sé.
La distillazione alcolica consentiva di estrarre oli essenziali da erbe e fiori in modo più efficace, dando vita a profumi intensi. Inoltre, l’alcool fungeva da conservante naturale, aumentando così la durata del profumo e permettendo una diffusione più ampia delle essenze.
Tra le creazioni più celebri di questo periodo ricordiamo l’Acqua di Ungheria, un profumo tonificante e rinfrescante ideato nel XIV secolo per la regina Elisabetta d’Ungheria. La fragranza, a base di rosmarino e lavanda, era considerata un vero elisir di giovinezza e bellezza. Secondo la leggenda, la regina, che si sposò per la seconda volta a 70 anni, attribuiva la sua vitalità proprio a questo profumo.
E tu, conoscevi la storia della profumeria nel Medioevo? Quale aneddoto ti ha colpito di più?